 Uno studio effettuato dall'Università della California di San Diego, ha mostrato che le prestazioni teoriche degli SSD  potrebbero diminuire drasticamente con il passaggio a processi  produttivi con tecnologie fino ai 6.5nm.
Uno studio effettuato dall'Università della California di San Diego, ha mostrato che le prestazioni teoriche degli SSD  potrebbero diminuire drasticamente con il passaggio a processi  produttivi con tecnologie fino ai 6.5nm. La tendenza di passare a processi produttivi a canale più stretto  permette di decrementare i costi di produzione e incrementare la  capacità degli SSD basati su memorie NAND Flash, attualmente di gran  lunga inferiori a quelle degli hard disk tradizionali. Come abbiamo già  visto in più occasioni, i nuovi processi produttivi portano ad  incrementi delle error rate e in molti casi anche ad una minore  durabilità delle celle, decrementandone l'aspettativa di vita. 
Questo nuovo studio mette in luce ora un altro aspetto finora sottovalutato. Aumentare il numero di celle per mm^2 potrebbe condurre a prestazioni inferiori sia per quanto riguarda il throughput, sia per quanto riguarda le IOPS, che potrebbero rendere gli SSD inadatti a contesti applicativi particolarmente esigenti in termini di prestazioni (tipicamente server e applicazioni enterprise).
In questo contesto potrebbe emergere la nuova tecnologia PCM di cui vi abbiamo parlato alcuni mesi fa.
Questo nuovo studio mette in luce ora un altro aspetto finora sottovalutato. Aumentare il numero di celle per mm^2 potrebbe condurre a prestazioni inferiori sia per quanto riguarda il throughput, sia per quanto riguarda le IOPS, che potrebbero rendere gli SSD inadatti a contesti applicativi particolarmente esigenti in termini di prestazioni (tipicamente server e applicazioni enterprise).
In questo contesto potrebbe emergere la nuova tecnologia PCM di cui vi abbiamo parlato alcuni mesi fa.
Leonardo Angelini
Redazione XtremeHardware
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